2021.12.14 - Tribunale di Velletri - sentenza: annullamento sospensione sanitario con reintegro in diversa mansione
Inviato: mer 13 lug 2022, 13:52
Il giudice del lavoro del Tribunale di Velletri determina il reintegro di un'operatrice sanitaria dell'ASL sospesa per non aver adempiuto all'obbligo vaccinale.
La ricorrente aveva chiesto all'azienda sanitaria di essere ricollocata in altra mansione in modo da poter svolgere un'attività lavorativa non a contatto con i soggetti fragili e quindi non mettendo a rischio la loro salute. L'ASL ha negato questa possibilità ed ha emesso il provvedimento di sospensione.
Il giudice ha ritenuto inammissibile il rifiuto da parte dell'ASL in quanto la grandezza dell'ente e dell'organico consentirebbe senza difficoltà a ricollocare la lavoratrice (o un'esigua minoranza di personale nelle medesime condizioni) in una posizione con mansioni diverse, per esempio di tipo amministrativo o in smart working. Lo dimostra il fatto che in precedenza la commissione dell'azienda aveva disposto di ricollocare il personale con il differimento alla vaccinazione, ma rifiutato di fare lo stesso per il personale che aveva scelto di non vaccinarsi, discriminando in base alla ragione della mancata vaccinazione.
Una lettura costituzionalmente orientata (e dunque obbligata) induce a ritenere che non in tutti i casi la prestazione degli operatori di interesse sanitario non vaccinati è vietata, ma solo laddove quest' ultima inciderebbe sulla salute pubblica e su adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, come espressamente prevede la norma. In caso contrario il bilanciamento costituzionalmente rilevante tra la salute pubblica (interesse prevalente) e i diritti della persona (interessi soccombenti) non sussisterebbe, con indebita compromissione dei diritti dei singoli.
Nel caso in cui la prestazione prevista in astratto dal legislatore, per i particolari compiti svolti dall'operatore di interesse sanitario o per le modalità di svolgimento, non si traduca in concreto in un effettivo rischio specifico e superiore rispetto a quello che corre qualunque lavoratore di altri settori pubblici o privati, l'obbligo e la conseguente sospensione non si giustificano nell'ottica di un necessario bilanciamento costituzionale degli interessi.
Si tradurrebbe inoltre in una indebita discriminazione tra operatori di interesse sanitario e operatori di altri settori, se le loro prestazioni in concreto espongono se stessi o gli altri al medesimo rischio per la salute; palese sarebbe la violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Il giudice respinge anche l'eccezione meramente formale sulla mancanza della previsione della possibilità di ricollocamento nella versione dell'art. 4 richiamato, dopo la novella del DL. 172/21: la previsione inserita nel comma 8, DL. 44/21 ante riforma DL. 172/21, era superflua perchè nel diritto del lavoro trattasi di principio generale ben conosciuto ed applicabile al di là di una previsione espressa. Il legislatore non ha ripetuto una formulazione inutile né peraltro lo ha espressamente vietato ed anche se lo avesse fatto una interpretazione costituzionalmente orientata l'avrebbe superato laddove ovviamente non venisse in rilievo una prestazione con il rischio specifico dell'operatore di interesse sanitario.
Viene infine fatto notare che il DL. 172/21 al comma 7 prevede il ricollocamento del lavoratore a mansioni diverse - senza decurtazione della retribuzione - per il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. Se il suddetto ricollocamento è previsto sarebbe irragionevole escluderlo per il personale non vaccinato per scelta, perché l' interesse che è costituzionalmente prevalente è la salute pubblica, la quale è messa a rischio ugualmente dal soggetto non vaccinato a prescindere dal fatto che non si sia voluto vaccinare o non si sia potuto vaccinare.
Sulla base delle motivazioni esposte il giudice revoca il provvedimento di sospensione impugnato e ordina alla parte convenuta di affidare alla ricorrente lo svolgimento di compiti compatibili per il tipo o per le modalità di svolgimento con l'esigenza di tutelare la salute pubblica e adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza secondo le direttive indicate in motivazione e con obbligo della corresponsione della retribuzione sino all'individuazione di tali compiti.
https://www.wikilabour.it/segnalazioni/ ... mbre-2021/
La ricorrente aveva chiesto all'azienda sanitaria di essere ricollocata in altra mansione in modo da poter svolgere un'attività lavorativa non a contatto con i soggetti fragili e quindi non mettendo a rischio la loro salute. L'ASL ha negato questa possibilità ed ha emesso il provvedimento di sospensione.
Il giudice ha ritenuto inammissibile il rifiuto da parte dell'ASL in quanto la grandezza dell'ente e dell'organico consentirebbe senza difficoltà a ricollocare la lavoratrice (o un'esigua minoranza di personale nelle medesime condizioni) in una posizione con mansioni diverse, per esempio di tipo amministrativo o in smart working. Lo dimostra il fatto che in precedenza la commissione dell'azienda aveva disposto di ricollocare il personale con il differimento alla vaccinazione, ma rifiutato di fare lo stesso per il personale che aveva scelto di non vaccinarsi, discriminando in base alla ragione della mancata vaccinazione.
Una lettura costituzionalmente orientata (e dunque obbligata) induce a ritenere che non in tutti i casi la prestazione degli operatori di interesse sanitario non vaccinati è vietata, ma solo laddove quest' ultima inciderebbe sulla salute pubblica e su adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, come espressamente prevede la norma. In caso contrario il bilanciamento costituzionalmente rilevante tra la salute pubblica (interesse prevalente) e i diritti della persona (interessi soccombenti) non sussisterebbe, con indebita compromissione dei diritti dei singoli.
Nel caso in cui la prestazione prevista in astratto dal legislatore, per i particolari compiti svolti dall'operatore di interesse sanitario o per le modalità di svolgimento, non si traduca in concreto in un effettivo rischio specifico e superiore rispetto a quello che corre qualunque lavoratore di altri settori pubblici o privati, l'obbligo e la conseguente sospensione non si giustificano nell'ottica di un necessario bilanciamento costituzionale degli interessi.
Si tradurrebbe inoltre in una indebita discriminazione tra operatori di interesse sanitario e operatori di altri settori, se le loro prestazioni in concreto espongono se stessi o gli altri al medesimo rischio per la salute; palese sarebbe la violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Il giudice respinge anche l'eccezione meramente formale sulla mancanza della previsione della possibilità di ricollocamento nella versione dell'art. 4 richiamato, dopo la novella del DL. 172/21: la previsione inserita nel comma 8, DL. 44/21 ante riforma DL. 172/21, era superflua perchè nel diritto del lavoro trattasi di principio generale ben conosciuto ed applicabile al di là di una previsione espressa. Il legislatore non ha ripetuto una formulazione inutile né peraltro lo ha espressamente vietato ed anche se lo avesse fatto una interpretazione costituzionalmente orientata l'avrebbe superato laddove ovviamente non venisse in rilievo una prestazione con il rischio specifico dell'operatore di interesse sanitario.
Viene infine fatto notare che il DL. 172/21 al comma 7 prevede il ricollocamento del lavoratore a mansioni diverse - senza decurtazione della retribuzione - per il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. Se il suddetto ricollocamento è previsto sarebbe irragionevole escluderlo per il personale non vaccinato per scelta, perché l' interesse che è costituzionalmente prevalente è la salute pubblica, la quale è messa a rischio ugualmente dal soggetto non vaccinato a prescindere dal fatto che non si sia voluto vaccinare o non si sia potuto vaccinare.
Sulla base delle motivazioni esposte il giudice revoca il provvedimento di sospensione impugnato e ordina alla parte convenuta di affidare alla ricorrente lo svolgimento di compiti compatibili per il tipo o per le modalità di svolgimento con l'esigenza di tutelare la salute pubblica e adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza secondo le direttive indicate in motivazione e con obbligo della corresponsione della retribuzione sino all'individuazione di tali compiti.
https://www.wikilabour.it/segnalazioni/ ... mbre-2021/